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Scritto Da Felice Moro il giorno 08 Gen 2009

https://www.felicemoro.com/breve-storia-della-comunicazione/

L’articolo è incentrato sulla storia, struttura e funzioni della Comunicazione. La comunicazione è una relazione che si stabilisce tra due o più … (Clicca sul titolo per continuare a leggere l’articolo)

 

Archive for Gennaio, 2009

La Funzione Del Linguaggio Verbale Nella Comunicazione

Posted By Felice Moro on Gennaio 26th, 2009

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922999_ligaes_importantesNell’ambito del processo comunicativo generale, il linguaggio verbale è lo strumento simbolico più importante perché è il veicolo più diretto e più economico della comunicazione. Esso svolge molteplici funzioni ma, per esigenze di sintesi, ne indicheremo soltanto alcune: quelle che rivestono maggiore importanza nel complesso processo comunicativo.
Al riguardo si può dire che il linguaggio verbale ha:
1)    una funzione comunicativa che è la più antica e la più comune forma di interazione umana e che in parte abbiamo già illustrata. Essa contiene un messaggio che l’emittente, proprio attraverso il medium del linguaggio, orale o scritto, comunica al ricevente;
2)    una funzione espressiva è quella che serve ad esprimere le emozioni, gli affetti, gli stati positivi o negativi della salute o dell’umore, i sentimenti di amore o di odio, di gioia o di dolore, di attrazione o di repulsione. E’ il linguaggio dell’anima che passa, non per le vie della ragione, ma per i misteriosi canali dell’emozione. E’ il tipico linguaggio della poesia lirica e dell’arte in generale perché scaturisce dalle più intime fibre dell’animo e fluisce attraverso i meandri emozionali dei contrasti forti e dei chiaroscuri della coscienza;
3)    una funzione rappresentativa che serve a rappresentare la realtà esterna o quella interiore con la descrizione di una figura, un personaggio, un paesaggio, l’espressione di una figura o di un volto; oppure può essere la narrazione di un racconto, di una fiaba, di un evento storico o di un fatto di attualità;
4)    una funzione di strumento del pensiero. Il linguaggio fornisce al cervello tutte le informazioni necessarie sulle esperienze motorie, sensoriali e simboliche che va facendo, indispensabili per il normale funzionamento dei processi mentali. In questo senso si può dire che il linguaggio fornisce il materiale necessario per l’alimentazione cognitiva della mente. Le esperienze pratiche fatte dall’individuo normalmente sono accompagnate dalla verbalizzazione delle medesime; e quando queste sono assenti perché passate e ormai lontane nel tempo, di esse rimane un’immagine, più o meno nitida, depositata (engrammata) nella mente che può essere sempre evocata, non ripetendo l’esperienza, ma sostituendola con le corrispondenti immagini simboliche condensate nei termini linguistici che le rappresentano: un nome, un verbo, un aggettivo, che, in senso logico, fungono da soggetto, predicato e complemento; e questi sono i termini essenziali di una proposizione corretta nella forma e significativa nei contenuti.
Molti studiosi di linguistica o di psicolinguistica hanno elaborato tassonomie o tabelle classificatorie sulle varie funzioni del linguaggio.

Forme Patologiche Della Comunicazione

Posted By Felice Moro on Gennaio 25th, 2009

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Negli articoli precedenti abbiamo analizzato  le diverse forme della comunicazione, verbale e non verbale, che vengono fatte in  normali condizioni neurofisiologiche, linguistiche e comportamentali del soggetto parlante. Inoltre abbiamo fatto cenno e continueremo ad esaminare sinteticamente i diversi meccanismi neurologici e psicolinguistici messi in moto dall’essere umano per attivare i vari processi linguistici della comunicazione.

Il discorso cambia la musica e si pone in altri termini quando il soggetto che deve apprendere e utilizzare il linguaggio soffre di forme patologiche della comunicazione verbale, quali possono essere, per esempio, la dislalia, la disartria, l’ipoacusia, le balbuzie o altri difetti dell’apparato fono-articolatorio come la palatoschisi.  Sono tutti difetti che, per una causa o per l’altra,  impediscono al soggetto di percepire i suoni e/o di produrre il linguaggio in forma corretta. In tali casi si manifestano disturbi di articolazione, fonazione,  risonanza, respirazione; in altri casi  il soggetto é un semplice portatore di disturbi dell’apprendimento, quali  la dislessia e la disgrafia.

La dislalia é un disturbo nell‘articolazione delle parole dovuto ad alterazioni morfologiche dell’apparato fono-articolatorio in cui sono coinvolti molti organi: polmoni, laringe, bocca, lingua, palato, cavità nasali. Il difettoso funzionamento di alcuni o anche di uno solo di questi organi può causare il disturbo. La disartria é un disturbo derivante dalla difettosa motricità respiratoria e/o fonatoria, che riduce l’intelligibilità delle sequenze foniche. La causa può essere multifattoriale e può essere una semplice spia di altre patologie più gravi da accertare. La disartria non limita soltanto la capacità fono-articolatoria, ma disorganizza l’intero processo evolutivo verbale, impedisce l’acquisizione del linguaggio simbolico utilizzato per la comunicazione, non gratifica l’individuo creandogli feedback positivo,  non si costitituisce come fattore strutturante dei poteri concettuali della mente; pertanto non può attivare il circolo virtuso nei rapporti dinamici tra pensiero e linguaggio, cui si fa riferimento in altre parti di questo sito. L’ipoacusia é causata da un deficit uditivo cioé da forme di sordità, più o meno gravi, talvolta ignorate per lungo tempo.  Queste spesso derivano da alterazioni dell’orecchio medio per mancata ventilazione tubarica. Il bambino che non sente o sente male, non parla o parla in maniera difettosa per mancato assorbimento del modello fonico corretto del linguaggio verbale parlato in famiglia, a scuola e nei gruppi sociali di cui fa parte. Per tutte queste forme patologiche della comunicazione verbale la terapia consigliata é costituita dagli interventi di logoterapia fatti in età precoce,  prima che il disturbo si consolidi a livello neurologico e si strutturi  a livello funzionale rendendo il danno irreversibile e resistente anche agli interventi educativi collegati a quelli riabilitativi che eventualmente arrivino in un momento tardivo. 

La palatoschisi é data da una fessurazione del palato per mancata fusione delle lamine palatine. Il difetto può essere causato da  tare ereditarie, da fattori genetici o da altri fattori tossici esogeni come possono essere certi farmaci (diazepinici) assunti dalla madre durante i primi tre mesi di gravidanza. Se la fessurazione del palato si estende fino al labbro superiore si ha la forma di labioschisi e se coinvolge l’arcata dentaria superiore si ha la gnatoschisi. In molti casi il disturbo coinvolge sia il palato che il labbro  e allora si ha la forma di labiopalatoschisi. La patologia causa diversi disturbi funzionali: di alimentazione (il latte succhiato con la bocca rifluisce sul naso); di respirazione (l’aria inalata nel naso sfugge attraverso la bocca senza poter essere incanalata nel modo dovuto per poter mettere in moto gli apparati della fonazione e dell’articolazione del linguaggio in modo corretto).  Le balbuzie sono un disturbo della fluenza verbale di natura psicologica che può essere corretto facilmente con adeguati interventi di terapia riabilitativa del linguaggio e di sicurezza della sfera psico-emotiva.

 Poi ci sono individui che dal punto di vista nerofisiologico sembrano soggetti normali, non presentano apparenti lesioni a carico degli apparati psico-motori e neuro-sensoriali, ma incontrano dificoltà nella produzione del linguaggio verbale e nell’apprendimento delle abilità scolastiche della lettura e scrittura perché soffrono dei disturbi  di dislessia e disgrafia. Ora alcuni di questi individui  hanno  subito danni organici da parto al momento della nascita o traumi fisici in età infantile riportando microlesioni a carico delle aree corticali del cervello deputate ad esplicare la funzione motoria del linguaggio come può essere il Centro di Broca. Se questi danni non sono stati mai diagnosticati e a suo tempo curati nel modo dovuto possono causare problemi nel processo d’interpretazione dei segni grafici causando fenomeni di dislessia e/o di disgrafia. Questi individui sono dei veri  dislessici / disgrafici, che però statisticamente  sono poco numerosi. Ben più numerosi sono i falsi dislessici / disgrafici che, nella maggior parte dei casi, sono individui semplicemente svantaggiati sul piano sociale e/o disadattati sul piano individuale; comunque sono vittime di  variei forme di deprivazione culturale e/o di gravi disturbi di comportamento o della personalità che non ha conseguito lo sviluppo che avrebbe dovuto raggiungere in rapportato all’età. A parte eventuali cause di deficit sensoriali anche lievi, di vista o di udito, ci possono essere molte altre cause concorrenti, quali: fattori affettivi e ambientali inadeguati, non corretta percezione del sé corporeo, mancata dominanza emisferica cerebrale, non corretta strutturazione del concetto spazio-temporale e dei relativi rapporti topologici (davanti, dietro, destra, sinistra, sopra, sotto ecc.). Il fenomeno appare in vari modi, tra cui, la confusione nella distribuzione spaziale e nell’ordine seriale delle lettere nella stringa linguistica, dove l’individuo salta o inverte lettere o gruppi di lettere, introduce lettere maiuscole in corpo alla parola o comunque fuori posto, sbaglia riga quando va a capo, scrive alcune lettere troppo grandi e altre troppo piccole; trova difficoltà nei normali processi di segmentazione o di coarticolazione fonemica; ha scarsa memoria visiva e/o acustica a breve e a lungo termine; il soggetto non presta attenzione al contenuto e non é in grado di raccontare ciò che legge; é lento nell’apprendere le parole e i concetti, ma é rapido nel dimenticarli entrambi; talvolta riesce a copiare fedelmente un testo scritto, ma commette errori grossolani sia nella scrittura spontanea, sia nel testo scritto sotto dettatura.

In altri casi i pazienti sono individui che versano in situazione di handicap a causa di una patologia clinicamente accertabile e documentabile, per cui non hanno potuto sviluppare tutte le potenzialità necessarie  all’acquisizione  del linguaggio verbale  per compiere una forma corretta di comunicazione . Complessivamente gli individui svantaggiati di cui si parlava in precedenza e i soggetti disabili formano le fasce dell’ utenza debole, prima dei servizi educativo-scolastici, poi di quelli lavorativi e sociali della società degli adulti. Per il recupero degli individui che formano le fasce  dell’utenza debole una volta esistevano le scuole speciali e le classi differenziali all’interno delle scuole comuni. Poi, a partire da metà anni ’70 del secolo scorso, la scuola italiana ha scelto un’altra linea di politica scolastica: l’integrazione di tutti i soggetti in difficoltà nelle classi normali della scuola comune. Sulla base di Circolari e Ordinanze emanate dal potere amministrativo, hanno iniziato sotto forma sperimentale nel 1975 le due scuole dell’obbligo, Elementare e Media. Poi l’iniziativa é stata codificata con la Legge 517/77. Nei  primi anni ’80 è venuto  il turno prima della Scuola Materna; poi, nell’anno scolastico 1988-89, quello della Scuola Secondaria Superiore. Nel 1992 il Parlamento ha approvato la Legge-Quadro N° 104 che da dell’handicap  la seguente definizione: “E’ persona handicappata colui che presenta una menomazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che é causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione“.  Definisce le competenze poste a carico delle diverse istituzioni competenti in materia:  le AA.SS.LL. per quanto riguarda la predisposizione e il rilascio della relativa certificazione (Diagnosi Funzionale e Profilo Dinamico Funzionale) e la terapia di riabilitazione; gli Enti Locali per quanto concerne l’assistenza, personale e strumentale, ai soggetti non autonomi; la scuola  ha il compito di predisporre il Piano Educativo Personalizzato come progetto operativo, sulla base del quale attua gli interventi educativi di recupero, istruzione e formazione . La Legge quindi riepiloga tutta la normativa precedente e disciplina ex novo  alcune altre parti. Conferma l’inserimento obbligatorio degli alunni disabili nelle classi normali  delle scuole comuni di ogni ordine e grado, compresa l’Università; stabilisce il numero massimo di 20 alunni per ciascuna classe che accoglie alunni in situazione di handicap; conferma la presenza dell’insegnante di sostegno con un rapporto di 1 a 4 a livello di organico provinciale. Egli garantisce gli interventi individualizzati e collabora con gli insegnanti titolari della classe o delle cattedre delle materie curricolari.  L’insegnante di sostegno diventa la figura diligente che attua gli interventi specifici di recupero e coordina l’azione didattica complessiva; ma, affinche l’iniziativa sia proficua e vada a buon fine, deve avere accanto a sé la necessaria collaborazione degli altri operatori scolastici, insegnanti e dirigenti. Il gruppo docente  deve lavorare in team per impostare un adeguato lavoro di recupero delle competenze mancanti; e se è necessario, deve partire dai prerequisiti motori, percettivi e sensoriali, prima di impostare l’azione degli apprendimenti formali. Questi, per loro natura, sono processi astratti che postulano un minimo di capacità astrattiva, ma i metodi seguiti devono sempre basarsi  su un’azione didattica efficace e sui supporti di sussidi concreti. Inoltre esistono varietà di metodi e linguaggi specifici  per il recupero dei soggetti affetti da particolari patologie come quelle  fisiche, psichiche o sensoriali della vista o dell’udito. Infatti per i non vedenti il canale comunicativo più indicato è il tatto che si basa sulla scrittura Braille; per i non udenti esistono i linguaggi mimici e gestuali; mentre per il recuper di molte tipologie di svantaggio o di handicap oggi esiste uno strumento formidabile: il Personal Computer. Nell’era della galassia elettronica i nuovi mezzi informatici e telematici, le pagine web e la rete di Internet offrono la possibilità di recupero, di apprendimento, di sviluppo culturale e di comunicazione globale tra tutte le persone del mondo, compresi i soggetti in difficoltà; la cosa era impensabile fino a qualche decennio fa. Affinché ciò avvenga, l’importante  é che gli individui dispongano di due condizioni essenziali: che abbiano integre le strutture neurofisiologiche del cervello e che siano alfabetizzati . Ma anche a prescindere dal mezzo informatico, oggi esiste una vasta letteratura sulla fisio-patologia della comunicazione verbale  in grado di dare buoni, o addirittura ottimi, risultati educativi; a meno che non si tratti di riabilitare soggetti particolarmente gravi, non vigili e non responsivi, con i quali non si riesce ad attivare nessun canale di comunicazione. Ad impossibilia nemo tenetur= nessuno può fare le cose impossibili. Tuttavia, con l’integrazione dei disabili, la scuola italiana sta facendo degli autentici miracoli scientifici e con ciò l’Italia sta dando una lezione di civiltà al mondo intero.

La Comunicazione Verbale Nella Sua Duplice Forma: Orale e Scritta

Posted By Felice Moro on Gennaio 24th, 2009

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La comunicazione verbale può essere fatta nella sua duplice forma, orale o scritta.
La comunicazione orale è formata dalle parole che, disposte secondo un certo ordine grammaticale e sintattico (soggetto, predicato, complemento o espansione) corrispondente a un certo ordine strutturale e semantico, compongono le frasi aventi forma corretta e senso compiuto.
Ogni parola è composta da uno o più suoni, ciascuno dei quali prende il nome di fonema. Perciò si può dire che il fonema è la più piccola unità fonica della parola emessa con una sola emissione di voce. Facendo la trascrizione grafica del fonema si ottiene il morfema che è la più piccola unità grafica della parola scritta.
Più fonemi fusi insieme formano la parola parlata, più grafemi uniti insieme formano la parola scritta.
Il discorso sull’ analisi fonematica delle vocali (sonanti), ciascuna delle quali può essere pronunciata in maniera indipendente da altri suoni, e delle consonanti che, per essere pronunciate, devono necessariamente  appoggiarsi ad una vocale, costituisce una branca della linguistica che potrebbe interessare soltanto a pochi specialisti e studiosi della disciplina. Noi, in un discorso di sintesi, ricordiamo soltanto alcune regole essenziali, la cui conoscenza é indispensabile al comune cittadino per la produzione corretta della lettura e della scrittura. In modo particolare ricordiamo che la fusione dei suoni necessaria per la fluida pronuncia delle parole viene chiamata coarticolazione fonemica che unisce, in un’unica curva fonica, le unità discrete dell’ortografia e delle sillabe; mentre il processo opposto, di separazione fonematica dei suoni o delle sillabe, prende il nome di segmentazione fonemica o sillabica.
Entrambe le operazioni devono essere apprese durante il primo processo di alfabetizzazione strumentale del bambino, nonché tutte le volte che sia didatticamente necessario per alfabetizzare un individuo nelle diverse fasi, anche tardive, dello sviluppo. Questo accade spesso se il discente  é un soggetto portatore di handicap o se soffre di disturbi dell’apprendimento: dislessia, disgrafia, discalculia. Le abilità linguistiche, una volta apprese e ben fissate nella mente, creano un percorso strutturale, neurologico e fono-articolatorio, che genera un automatismo funzionale, nel senso che, al bisogno, viene attivato automaticamente producendo il normale linguaggio verbale.
Intanto appare più opportuno concentrare l’attenzione sul più comune processo di trasformazione  intermodale del linguaggio scritto in linguaggio orale, fenomeno questo che dà luogo alla lettura;  e, viceversa, di commutazione del linguaggio orale in linguaggio scritto  che dà luogo alla scrittura.
La lettura infatti è la decodificazione di un testo scritto a caratteri simbolici che rimandano ai corrispondenti suoni e ai relativi significati, parziali o globali.
La scrittura invece fissa con simboli grafici i corrispondenti suoni e codifica i significati parziali delle parole, il senso della proposizione e il significato globale del testo.
L’individuo sufficientemente alfabetizzato utilizza normalmente entrambi i codici in maniera intercambiabile, anche se il processo di codificazione scritta richiede il possesso di competenze cognitive e di abilità verbo-formali più complesse del processo di decodificazione della lettura e della produzione del linguaggio orale.
Qui però entrano in gioco, non soltanto il processo di apprendimento della lettura e della scrittura, ma anche altre abilità cognitive di base: senso-percettive, motorie, spaziali, iconico-figurative e simboliche, che costituiscono i prerequisiti indispensabili per lo sviluppo del linguaggio. Se alcune di queste mancano o sono insufficientemente sviluppate, l’apprendimento del linguaggio ne risentirà e la comunicazione sarà  difettosa. E quel che é peggio é il fatto che, dato lo stretto rapporto che esiste tra linguaggio e pensiero, il difetto del del primo si riflette negativamente nel dinamismo del pensiero e nel processo ideativo della mente.

La Comunicazione Non Verbale

Posted By Felice Moro on Gennaio 10th, 2009

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Nell’articolo precedente è stata esaminata la funzione della comunicazione nella sua prospettiva storica. In quest’articolo inizieremo a focalizzare l’attenzione sulla struttura della Comunicazione.
La Comunicazione non verbale

La comunicazione non verbale è la forma più antica,  più semplice e  più univoca per interagire, mandare o ricevere messaggi tra gli esseri umani. Ha a disposizione diversi mezzi significanti come possono essere i gesti, i segni, i segnali, le figure, i suoni, le luci, le voci, i colori o altri simboli convenzionali che rimandano ad un significato ben preciso, universalmente inteso da tutti. L’esempio classico è dato dal semaforo. In ogni città e nazione del mondo,  automobilisti e pedoni sanno che negli incroci stradali hanno diritto di passare quando appare il disco o l’omino verde e, a certe condizioni, possono passare col giallo; ma tutti sanno che c’è il divieto assoluto di passare col rosso.

In fondo tutta la segnaletica stradale,  formata da un insieme di segnali che indicano obblighi, divieti, pericoli, diritti e doveri di precedenza, direzioni, indicazioni di diverso tipo, altro non é che un grande corpo semiotico universale, un vocabolario estemporaneo, fatto, non di parole, ma di segnali che tutti dovrebbero conoscere e rispettare.

La stessa cosa si può dire in tanti altri contesti nei quali i segnali non verbali regolano le norme di comportamento dei cittadini che fruiscono dei servizi messi a disposizione del pubblico, quali:

  • il vigile urbano che, con i segnali della mano, dirige il traffico cittadino;
  • le torri di controllo degli aeroporti mandano segnali luminosi per regolare l’atterraggio e il decollo degli aerei sulla pista;
  • nelle stazioni ferroviarie e delle linee metropolitane i pannelli con i segnali luminosi indicano i treni, gli orari di partenza o di arrivo, le stazioni di fermata;
  • i cenni di assenso o di dissenso tra due o più persone sono sufficienti a compiere o non compiere certi atti, a porre in essere o meno certe azioni;
  • un comune cenno del genitore al figlio o del maestro all’alunno o il semplice cambiamento del tono della voce sono sufficienti per ottenere l’obbedienza o riportare l’ordine nella classe;
  • gli innamorati hanno un mutuo linguaggio inarticolato o gestuale che li mette perfettamente in comunicazione tra di loro, anche nelle emozioni più recondite, senza profferir parola;
  • una bandiera rappresenta il simbolo di uno stato;
  • le opere d’arte parlano con le forme, l’armonia, l’eleganza, l’equilibrio, l’espressione dei volti e dei colori. Pertanto in architettura, che cosa ci può essere di più maestoso del Partenone o della Basilica di San Pietro in Vaticano? In scultura, che cosa ci può essere di più meraviglioso delle statue della Pietà o del Mosè di Michelangelo? In pittura, che cosa ci può essere di più espressivo dell’ Ultima Cena o della Gioconda di Leonardo? In Musica, chi può superare le solenni armonie della musica sacra di W. A. Mozart o di J. S. Bach?
  • l’universo dei colori crea una grande varietà di simboli, talvolta con significati opposti tra di loro. Generalmente vengono distinti i colori caldi come il rosso, l’arancione e il giallo, dai colori freddi come il blu, il verde, il viola e la loro mescolanza produce i colori secondari che conferiscono fascino alle tavolozze dei pittori e scorci lirici alle metafore dei poeti. Inoltre essi creano un vasto universo simbolico pratico perché tutti sanno che il nero è il colore del lutto, il bianco è il simbolo della purezza, il verde è il simbolo della speranza e dell‘ecologia moderna, mentre il rosso può essere il simbolo dell‘amore o del martirio, della festa o di una determinata ideologia politica;
  • una serie di altri significanti impiegati in altri contesti rimandano ad altrettanti significati ben precisi.

Breve storia della Comunicazione

Posted By Felice Moro on Gennaio 8th, 2009

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worldwideLa comunicazione è una relazione che si stabilisce tra due o più persone. Affinché essa possa sorgere e funzionare è necessario che esistano alcuni elementi fondamentali, quali:

1)  il soggetto emittente;

2)  il messaggio che comprende il significato o il contenuto della comunicazione;

3) il mezzo é il medium  che consente lo stabilirsi della comunicazione, che può essere l’aria, il telefono, la voce umana o la parola parlata escritta;

4)  il soggetto ricevente.

L’emittente è  il soggetto che produce la comunicazione, colui che, per soddisfare un suo bisogno personale o per esprimere una sua curiosità,  sente l’esigenza  di entrare in relazione con una o più persone; il messaggio è l’oggetto della comunicazione , il dato intenzionale che l’emittente intende trasmettere al ricevente, che può essere un bisogno materiale, psicologico o spirituale; il mezzo é l’oggetto materiale che consente lo stabilirsi della comunicazione. Può essere l’aria, l’apparecchio telefonico, la voce umana, la parola scritta, il disegno, l’immagine o qualunque altro segno che abbia un significato simbolico condiviso tra i due interlocutori; il ricevente è il destinatario del messaggio che può avere una pluralità di significati: informativo, imitativo, operativo, esortativo.

Gli uomini primitivi hanno incominciato a comunicare tra di loro con gesti, segni e suoni, che poi sono diventati simboli rappresentativi di queste entità foniche e segniche. Questi segni simbolici, evolvendosi e perfezionandosi, hanno formato le parole ed hanno dato vita al linguaggio verbale. Le parole scelte intenzionalmente tra tra le tante del vocabolario per comunicare, rappresentare o esprimere un fatto, un oggetto o una realtà, (asse paradigmatico) e sistemate secondo un certo ordine seriale (asse sintagmatico) costruiscono le frasi che, a loro volta, organizzate secondo certe regole grammaticali e sintattiche, formano il discorso, più o meno articolato, più o meno sviluppato.

Gli uomini primitivi hanno trasmesso i loro messaggi con graffiti, disegni stilizzati e pittogrammi, scalfiti sulle pareti rocciose delle caverne o sulle superfici levigate delle pietre monumentali, come possono essere i segni e le figure impressi nelle stele bibliche della Palestina (famosa quella che Giacobbe fece erigere sulla tomba di Rachele).

Dello stesso tipo e della stessa natura sono le figure incise sulle perdas fittas  (menhir) disseminate nelle varie aree geografiche del Bacino Mediterraneo: Sardegna, Corsica, Grecia, Francia, Spagna, Nord Africa e Medio Oriente; le sculture e le figure incise sulle pietre  in Gran Bretagna e in lrlanda, nonché le pitture rupestri dei i musei a cielo aperto della Lapponia (Norvegia). Fanno parte di queste forme espressive primitive anche le  grandi sculture di pietra con teste dai volti umani (i Moai) costruite davanti al mare nell‘Isola di Pasqua, dispersa nelle acque dell’ Oceano Pacifico. Inoltre hanno la stessa finalità segnica e simbolica le pitture rupestri realizzate dalle Civiltà Precolombiane delle Americhe, dal Messico al Brasile, dai Caraibi al Cile e all’Argentina. I geroglifici sono le scritture figurative che gli antichi egiziani riportavano sul papiro che cresceva rigoglioso sulle sponde del Nilo; la scrittura cuneiforme é quell’insieme di segni e simboli a forma di chiodi rovesciati forgiati dal fabbro, che gli antichi Babilonesi imprimevano sulle tavolette di argilla quando erano ancora morbide come la cera vergine. Poi venivano messe ad essicare al sole o nel forno per fissarne le forme e rendere imperituri i simboli dei loro messaggi. Molti reperti documentali sono raccolti nel Museo Nazionale di Bagdad che, nonostante sia stato dilapidato dopo la caduta della dittatura di Saddam Hussein, conserva ancora reperti e documenti di valore inestimabile delle antiche civiltà della Mesopotamia.  

Ma a chi erano indirizzati tutti questi messaggi? Non si sa con esattezza chi fossero i loro destinatari che potevano essere tanti: gli dei, il sole, la luna, le forze della natura come i lampi, i tuoni, le eclissi;  o gli uomini dello stesso o di altri  clan tribali o quelli delle generazioni furture.

Circa tremila anni fa i Fenici inventarono la scrittura alfabetica che fu la prima grande rivoluzione tecnologica della storia dell’umanità. La scrittura consente di rappresentare la realtà fisica, di esprimere i propri sentimenti di gioia, di dolore, di ansia e di paura e di comunicare le proprie idee agli altri uomini del presente e del futuro. Nascono così i primi documenti che consentono di creare i grandi depositi della memoria, della conoscenza e dell’esperienza.

Allora l’umanità esce dalla buia notte della Preistoria ed entra in una nuova fase del cammino evolutivo della civiltà, più luminosa, più razionale e più confortevole: la Storia. Essa consente di conservare e mettere a disposizione dell’uomo i ricordi e le conoscenze del passato, di modo che egli possa evitare di commettere gli stessi errori o di ripetere le stesse esperienze. Ciò perché la crescita progressiva dell’esperienza genera il patrimonio cumulativo della conoscenza, cui l’uomo può attingere per fare le scelte più convenienti per vivere e andare avanti con il progresso della civiltà. Finalmente l’uomo può disporre di nuovi strumenti, non solo per comunicare, ma anche per difendersi dai pericoli, dominare i rischi, progettare il futuro e costruire le civiltà!

La scrittura ha consentito di tramandare fino a noi i tesori delle antiche civiltà mediorientali, come quella Assiro-Babilonese, Siriaco-Palestinese, Egiziana ed Ebraica, nonché quelle mediterranee, Greca e Latina.

La nostra lingua, la nostra storia, la nostra civiltà e la nostra cultura derivano direttamente da queste ultime e indirettamente da quelle più antiche che ne sono state le progenitrici genetiche. La lingua soprattutto ne ha assorbito gli etimi, i canoni strutturali, l’anima e lo spirito; anche se oggi non è facile districare la matassa filologica di provenienza per poter distinguere gli elementi fondamentali, ormai modificati e riplasmati sotto mutate forme.

Nel Medio Evo gli amanuensi hanno fatto un lavoro eccellente e altamente meritorio copiando e ricopiando i testi antichi che, sottratti all’oblio del tempo e alla cortina di polvere, sono diventati i tesori della scienza, della conoscenza, della storia e della cultura moderna.

All’alba dell’Età Moderna, Giovanni Guttemberg ha inventato la stampa a caratteri mobili, che ha consentito di produrre libri in serie a basso costo e, perciò stesso, ha favorito l’incremento esponenziale del numero dei lettori e di migliorare la qualità dell’informazione e della comunicazione tra gli uomini del proprio tempo e delle generazioni future.

Nell’Ottocento vengono  creati gli stati nazionali che, a loro volta, hanno dato vita anche all’affermazione delle lingue nazionali; e queste, da un lato hanno facilitato la comunicazione tra i cittadini, dall’altro lato hanno determinato la trascuratezza delle parlate regionali e la repressione del potenziale linguistico  dei dialetti e delle parlate locali.

Nel Novecento le esigenze imposte dai traffici commerciali delle economie avanzate, i nuovi processi di industrializzazione, le politiche finanziarie e monetarie degli stati sovranazionali hanno imposto l’inglese come lingua dominante e il dollaro americano come moneta di scambio internazionale.

Nel Duemila le tecnologie informatiche hanno rivoluzionato radicalmente la comunicazione introducendo i nuovi linguaggi digitali che stanno soppiantando progressivamente quelli analogici. Il miracolo tecnologico della rete di Internet ha virtualmente annullato le distanze geografiche e temporali, riducendo l’intero pianeta a un villaggio globale. Tutte queste innovazioni hanno modificato radicalmente le modalità e i tempi della comunicazione, ma non la sua essenza. Questa conserva sempre il potere ideativo, creativo e simbolico, che è la funzione più nobile, specifica della mente umana.