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Scritto Da Felice Moro il giorno 08 Gen 2009

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L’articolo è incentrato sulla storia, struttura e funzioni della Comunicazione. La comunicazione è una relazione che si stabilisce tra due o più … (Clicca sul titolo per continuare a leggere l’articolo)

 

Archive for Aprile, 2021

La seconda lettera di San Paolo ai tessalonicesi

Posted By Felice Moro on Aprile 18th, 2021

Premessa

Vista nell’insieme, la seconda Lettera appare, se non un’appendice, una prosecuzione della prima Lettera dell’Apostolo ai suoi fedeli di Tessalonica. La situazione della comunità dei credenti appare delicata e complessa, perché i perturbatori, nemici dell’Apostolo e del suo vangelo, incalzano i credenti sull’imminenza della parusia, mentre le combriccole degli oziosi e sfaccendati seminano ovunque la sfiducia, il discredito e il disfattismo nella popolazione. Come l’Apostolo aveva già scritto nella sua missiva precedente, le persecuzioni sembrano un male inevitabilmente connesso alla vita dei cristiani. Ora questa condizione viene rapportata al giudizio di Dio. Quando verrà l’ora del giudizio, il Signore dividerà gli uomini in buoni e cattivi, perseguitati e persecutori, e riserverà un diverso destino per le due schiere di anime: il premio della vita eterna per le vittime dei soprusi umani, l’eterno castigo per i dannati. In qualche modo, Paolo ricalca le orme della letteratura apocalittica giudaica, già rappresentata nel Vangelo di Matteo.

Qualche commentatore ha scritto: “Le lettere ai Tessalonicesi non hanno un’esposizione metodica o un’impostazione magistrale … Constano piuttosto di ricordi, esortazioni alla buona condotta, alcune minacce ed alcune preoccupazioni teologiche. La polemica antigiudaica ha una forma ancora primitiva. Non è la risposta ai giudaizzanti impegnati alla salvaguardia delle norme veterotestamentarie del mosaismo, ma ai Giudei in quanto tali, avversari del messianismo cristiano. Gli “uomini perversi e malvagi” di (2Ts 3,2) non sono i giudeo-cristiani, ma i connazionali dell’Apostolo, che ora ostacolavano l’evangelizzazione in Grecia, allo stesso modo come prima avevano già ostacolato, a più riprese, l’evangelizzazione dell’Asia. La tematica delle due lettere rimane ferma ai dati essenziali del credo. Rimangono assenti i contenuti delle grandi sintesi teologiche paoline, come la giustizia di Dio, la riconciliazione, la giustificazione, lo spirito di adozione, la contrapposizione tra spirito e carne, la crocifissione, l’amor di Dio, la morte al peccato, la carità…

L’escatologia occupa un posto importante, insieme ai temi del giudizio e della parusia, che sono argomenti dominanti della predicazione apostolica. Ma anche questi semplici abbozzi dottrinali contengono in sé i germi iniziali delle future grandi sintesi teologiche di Paolo, l’Apostolo delle genti, il missionario più grande che la Chiesa abbia mai avuto-.” (O. De Spinetoli, Roma, 1981). 

Mittenti, indirizzo e saluti (1,1-2)

“Paolo, Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicesi in Dio nostro Padre e nel Signore Gesù Cristo sia a voi grazia e pace da parte di Dio, nostro Padre e del Signore Gesù Cristo”. L’indirizzo è identico a quello della lettera precedente, a parte la variante di quell’aggettivo possessivo nostro attribuito a Dio Padre.

Capitolo Primo

Il giudizio di Dio come conforto nelle persecuzioni

Paolo, reverente, ringrazia Dio e si congratula con i Tessalonicesi per la crescita e il progresso che hanno fatto nella vita cristiana. Il loro comportamento è stato esemplare, in modo particolare, nella costante tenuta della fede, nella sovrabbondanza della pratica della carità, nonché nella perseverante cura di tutti questi valori; ciò malgrado le persecuzioni subite, le tribolazioni patite e che ancora dovranno sopportare. Tutto questo è un segno del giusto giudizio di Dio, che ritiene i fedeli di Paolo meritevoli del suo regno. L’intervento divino sarà provvidenziale per ristabilire il giusto equilibrio dell’ordine sociale turbato in vita dall’ingiustizia dei persecutori. Quando verrà il giorno del Signore, i persecutori verranno puniti nell’inferno, mentre i perseguitati verranno premiati con la vita eterna in paradiso. A questo riguardo egli scrive: “Quando verrà la manifestazione del Signore Gesù con gli angeli della sua potenza, egli ristabilirà l’ordine violato, dando consolazione a noi, tribolati, mentre quelli che non vogliono riconoscere Iddio, né obbedire al Vangelo del Signore nostro Gesù, subiranno la vendetta divina nel fuoco ardente. Costoro saranno punirti con la rovina eterna, lontani dalla faccia del Signore e dallo splendore della sua potenza. Quel giorno egli verrà per essere glorificato nei suoi santi e per essere ammirato da tutti quelli che hanno creduto, come voi avete creduto alla nostra testimonianza” (2Ts, 1 6-10). L’Apostolo prega Dio per i suoi fedeli, affinché li renda degni della loro vocazione alla volontà di bene, alla professione della fede e alla pratica della carità. “Ciò affinché sia glorificato in voi il nome del Signore nostro Gesù, e voi in lui per la gloria di Dio e del Signore Gesù Cristo” (2Ts, 1, 17).

Per l’Apostolo la vita cristiana è un continuo rapporto dell’uomo con Dio Padre e con il figlio Gesù. E’ l’idea   che ritorna continuamente in entrambe le due lettere ai Tessalonicesi. La fede e la carità sono due forze che trasformano l’uomo in Cristo.

CAPITOLO SECONDO

La parusia del Signore e dell’iniquo (2,1-12)

Questa pericope ha un contenuto oscuro, di difficile interpretazione. L’Apostolo parla dei segni premonitori della parusia del Signore, ma anche dell’affermazioni dell’Avversario, dell’Anticristo. “Quanto alla parusia del Signore, scrive l’Apostolo, e alla nostra riunione con Cristo, vi preghiamo, fratelli, di non agitarvi per le notizie, a noi attribuite ma non veritiere, che circolano nell’opinione pubblica. Non lasciatevi ingannare fino a lasciarvi prendere dal panico, come che il giorno del Signor sia imminente. Infatti, se prima non viene l’apostasia (abiura alla propria fede) e non si rivela l’uomo dell’iniquità (il maligno) che si oppone a Dio e s’innalza fino a sedersi nel tempio di Dio, dichiarando se stesso Dio …” (2Ts, 2, 1-4).

A questo punto il periodo è interrotto e il discorso resta sospeso. Dal significato della della premessa, si arguisce che la conclusione logica che da essa si può trarre, dovrebbe essere la seguente: finché non avvengono tutte queste cose, non avviene la parusia. A maggior chiarimento del significato del suo scritto, l’Apostolo precisa: “Non vi ricordate che quando ero in mezzo a voi vi dissi tutte queste cose?”; il che costituisce una dichiarazione esplicita del fatto che nella sua corrispondenza epistolare, Paolo ripete o riassume, il significato dei discorsi già fatti oralmente, quando egli era presente nella comunità. Ora i Tessalonicesi sanno qual è la causa del ritardo nell’arrivo della parusia.

Riprendendo il discorso sul suo oscuro concetto, Paolo più avanti scrive: “Il mistero dell’iniquità è già in atto. Solo è da attendere fino a quando colui che lo trattiene sia tolto di mezzo. Proprio allora si manifesterà l’iniquo, che il Signore Gesù distruggerà con un soffio della sua bocca e annienterà con la manifestazione della sua parusia. La parusia dell’iniquo avviene per opera di Satana, con ogni genere di potenza, con miracoli e prodigi di menzogna, con tutte le seduzioni dell’iniquità per quelli che si perdono perché non hanno accolto  l’amore della verità per essere salvi. Ecco perché Iddio manda ad essi un influsso di errore, perché credano alla menzogna, affinché siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti dell’ingiustizia” (2Ts, 2, 7-12). Così la caduta sotto il dominio di Satana è una conseguenza del rifiuto opposto all’invito divino per la conversione delle coscienze.

La perseveranza nella fede (2,13-16)

Paolo riprende il discorso di ringraziamento a Dio perché, fin dall’inizio, ha scelto i Tessalonicesi “per la salvezza nella santificazione dello Spirito e nella fede della verità. Ha chiamato voi, per mezzo del nostro vangelo, per la gloria del Signore nostro Gesù Cristo. Pertanto, fratelli, siate forti, conservate le tradizioni della fede nella quale siete stati istruiti, sia con le prediche orali, sia per mezzo della nostra lettera (e qui abbiamo la conferma esplicita del fatto che le istruzioni evangeliche date nella lettera erano già state portate a conoscenza dei Tessalonicesi nella precedente attività di predicazione orale). Lo stesso Gesù Cristo, Signore nostro e Dio nostro Padre, che ci hanno amati, che ci hanno dato consolazione e speranza, consolino e confermino anche i vostri cuori in ogni vostra buona parola e in ogni vostra opera di bene” (2Ts, 2, 13-17).

Capitolo Terzo

Esortazione finale (3,1-5)

Nello spazio di questa pericope, l’Apostolo esordisce invitando i fratelli a pregare affinché la parola di Dio continui a diffondersi e a far presa ovunque, come si è affermata presso i Tessalonicesi. Con quest’invito egli intende sollecitare l’impegno missionario che diventa un dovere collettivo, che coinvolge l’intera comunità. Infatti, l’evangelizzazione è un dovere, non di pochi addetti ai lavori, ma di tutta la collettività cristiana, affinché la chiesa continui la sua corsa e “ci liberi dagli uomini perversi e malvagi. Purtroppo, la fede non è di tutti (constatazione amara, ma pur vera dell’Apostolo). Ma fedele è il Signore che vi confermerà nella perseveranza e vi custodirà dal contagio del maligno. Abbiamo fiducia nel Signore, sicuri che quanto vi comandiamo, lo facciate e lo farete. Il Signore ispiri e orienti i vostri cuori verso l’amore di Dio e la pazienza di Cristo (2Ts, 3, 2-5). Dio guida la vita dell’uomo, dona le forze naturali e suscita le sue inclinazioni soprannaturali, tra le quali lo spirito di carità e l’amore verso tutte le sue creature.

Ammonimento agli oziosi (3,6-15)

In questa pericope, che costituisce un’appendice o una specie di aggiunta alla lettera che sembrava già conclusa con la precedente invocazione, l’Apostolo assume improvvisamente un severo tono di comando:

“A voi, fratelli, ordiniamo nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di stare lontani da tutti quei fratelli che vivono indisciplinatamente e non secondo l’insegnamento che ricevettero da noi. Infatti, voi sapete che dovete imitarci nel comportamento, sapendo che, quando eravamo tra di voi, non siamo rimasti né oziosi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di altri, ma siamo campati con fatica e con stenti, lavorando giorno e notte, per non essere di peso a nessuno. E non è che non avessimo diritto ad essere mantenuti dai beneficiari della nostra azione missionaria, ma abbiamo preferito lavorare, sia pure con sacrifici e fatica, pur di campare dal nostro lavoro; questo per offrirvi un modello onesto di comportamento sociale da imitare. Infatti, quando eravamo ancora insieme, vi davamo un’importante raccomandazione: se uno non vuole lavorare, non mangi. Ma ora siamo venuti a sapere che in mezzo a voi ci sono persone che vivono in modo disordinato: non lavorano affatto, s’impicciano di tutto e parlano di ogni cosa. A queste persone comandiamo e le ammoniamo, in nome del Signore Gesù, che mangino il proprio pane, lavorando in silenzio e senza fare molto chiasso” (2Ts, 6-12). L’Apostolo qui intende sottolineare il fatto che l’ozio comporta molti altri vizi, tra i quali, quello di fare molte chiacchiere inutili, che infastidiscono gli altri inutilmente. Per ovviare a questo male, il comando che egli dà è di duplice valenza: silenzio e impegno di lavoro. Nello stesso tempo avverte i fratelli su come trattare l’ozioso. Lo richiamino all’ordine con consigli orali e facendogli leggere il messaggio della lettera. Se poi persiste con la condotta sbagliata, lo trascurino, isolandolo in modo che si vergogni di stare con gli altri, ma comportandosi diversamente dagli altri suoi vicini. Ma continuino a considerarlo come fratello, non come nemico.

Il saluto finale (3,16-18)

Il messaggio conclusivo richiama i contenuti e le modalità di quello già dato precedentemente: “Lo stesso Signore della pace- egli dice- vi dia la pace sempre e in ogni maniera. Il Signore sia con tutti voi. Il saluto che vi mando è di mia mano, di Paolo. Questo è il sigillo di tutte le mie lettere. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi!”.

Sommario riassuntivo:

Facendo una sintesi sommaria del documento, i principali concetti espressi dall’Apostolo appaiono i seguenti.

  1. La perseveranza nelle virtù cristiane: fede, speranza e carità, conserverà i fedeli puri e graditi a Dio. Ciò malgrado, non mancheranno di affrontare le persecuzioni che incontrano nel loro cammino, le quali pare che abbiano una connessione ontologica alla condizione dell’essere cristiani;
  2. I Giudei sono i nemici del cristianesimo. “Gli uomini perversi e malvagi” di cui parla l’Apostolo, non sono i pagani o i giudaizzanti, ma i Giudei in quanto tali, i suoi connazionali. Essi prima hanno ucciso Gesù e i profeti, poi hanno ucciso gli apostoli e adesso perseguitano i loro fedeli; prima hanno ostacolato l’evangelizzazione dell’Asia e adesso ostacolano l’evangelizzazione della Macedonia e della Grecia;
  3. Il giorno del giudizio non si sa quando avverrà. Quando arriverà la sua ora, il Signore dividerà gli uomini in due schiere: i perseguitati e i persecutori, i buoni e i cattivi, e assegnerà loro un diverso destino: ai primi, il premio della vita eterna in paradiso, ai malvagi il castigo eterno nell’inferno;
  4. L’avvento della parusia. Il giorno del giudizio universale non è imminente. Il Tessalonicesi lo sapevano già da prima perché Paolo l’aveva detto quand’era ancora in città e spiegava loro la dottrina della fede; perciò, cerchino di ricordare, senza lasciarsi confondere dai perturbatori e dai falsi profeti;
  5. L’attività missionaria è un dovere collettivo. L’evangelizzazione è un compito, non solo di pochi addetti ai lavori, ma di tutta la collettività cristiana e, in questo senso, ogni comunità ha la sua responsabilità. Tutti i credenti possono insegnare agli altri, con l’esempio, lo stile di vita e la preghiera, i principi fondamentali della vita cristiana;
  6. La disapprovazione dei fannulloni. Tutti devono lavorare per vivere. I missionari, pur avendo diritto a vivere a spese della comunità ospitante, hanno preferito dare il buon esempio, per cui hanno sempre lavorato e sono vissuti del proprio lavoro, senza essere mai di peso a nessuno. I fannulloni non vanno disprezzati o emarginati in quanto tali, ma vanno sollecitati a lavorare, a guadagnarsi il pane che mangiano con le proprie fatiche, come fanno tutti gli uomini del mondo. Bisogna far capire loro una verità fondamentale, secondo cui, chi non lavora, non mangi!

La prima lettera di San Paolo ai tessalonicesi

Posted By Felice Moro on Aprile 18th, 2021

Premessa

La storia dell’evangelizzazione di Tessalonica è narrata, per la prima volta, negli Atti degli Apostoli (At 16,9 e 17, 1-9). Circostanze misteriose e particolari difficoltà che i missionari incontrarono nell’evangelizzazione dell’Asia Minore cospirarono insieme a spingere Paolo e il suo seguito a lasciare il suolo dell’Asia e ad imbarcarsi a Troade per arrivare in Europa. Siamo negli anni tra il 49 e il 52 d.C.- Sbarcato nel porto di Neapoli, il gruppo dei missionari raggiunse Filippi, in Macedonia, prima tappa della sua attività dell’evangelizzazione dell’Europa. L’accoglienza della nuova fede, fin dall’inizio, appariva molto promettente. Ma i Giudei, ostili al messaggio di salvezza di Gesù e gelosi del successo personale riscosso da Paolo tra il popolo, aizzarono contro di lui gli sfaccendati di piazza, che scatenarono una rivolta popolare contro Paolo e il suo seguito. Gli Apostoli furono costretti a fuggire da Filippi e ripararono a Tessalonica. Giunta in città per la via Egnazia, la delegazione apostolica, composta da Paolo, Sila e Timoteo, si recava, per tre sabati di seguito, a predicare il Vangelo nella sinagoga dei Giudei.  L’iniziativa appariva interessante e prometteva buoni frutti, perché un certo numero di Giudei, molti pagani e un gran numero di donne delle classi benestanti, si erano convertiti al cristianesimo e si erano fatti battezzare. Purtroppo, l’ostilità scatenata dai Giudei a Filippi, li raggiunse anche qui per cui furono cacciati via dalla sinagoga; ma essi non si diedero per vinti e trovarono nuova accoglienza nella casa di Giasone, un credente benestante, che li accolse in casa sua. I discorsi dei missionari erano graditi al popolo anche perché erano accompagnati, qui come altrove, da prodigi e segni miracolosi operati dallo Spirito Santo. Questi segni contribuirono a rinforzare l’efficacia della predicazione dei missionari che, dopo aver constatato la mala fede dei Giudei, abbandonarono la sinagoga e si rivolsero ai pagani. Questi si dimostrarono, fin da subito, meno prevenuti e più disponibili dei Giudei ad abbandonare i loro idoli e ad accettare la nuova fede in Cristo Gesù.

Dal punto di vista della composizione sociale, l’uditorio degli Apostoli era formato, in prevalenza, da genti provenienti dal mondo operaio, ma non mancavano le persone che provenivano dagli strati più umili della società: i liberti e gli schiavi. Inoltre, la presenza di Giasone, che accoglie gli Apostoli in casa, e l’accusa rivolta ai cristiani di essere nemici dell’Imperatore, erano tutti indizi che facevano pensare che nel seguito dei missionari ci fossero anche personaggi influenti nella politica e nelle amministrazioni locali. Quando la comunità cristiana si era già formata, era attiva e integrata in seno alla società locale, contro di essa insorsero ancora i Giudei, creando una rivolta, nella quale coinvolsero i violenti e gli sfaccendati di piazza, come precedentemente avevano fatto i rivoltosi di Filippi. Vista la mala parata, i missionari lasciarono anche questa città e si rifugiarono a Berea.  

Ma gli oppositori di Tessalonica giunsero fin qui a mettere in subbuglio la popolazione. A questo punto il gruppo missionario si divide in due parti, per cui, mentre Sila (o Silvano) e Timoteo rimasero a Berea, Paolo continuò il viaggio da solo verso Atene. Qui egli fece un importante discorso in un’assemblea pubblica con i sapienti della Grecia, che ebbe luogo nell’Areopago della città. Inizialmente i presenti ascoltarono il missionario con attenzione, anche perché erano curiosi di sapere cosa avesse mai di nuovo da dire questo straniero, che loro, tronfi del loro sapere, non conoscessero ancora. Tutto andò bene finché l’Apostolo parlò della fede in Gesù Cristo in termini generali; ma quando, nel suo discorso, egli toccò il tema della risurrezione dai morti, la maggior parte dei presenti si alzò in piedi, si mise a contestare le sue affermazioni a voce alta e abbandonò la seduta. Soltanto un certo numero di donne e pochi uomini, tra i quali un certo Dionigi, accolsero l’appello dell’Apostolo e si convertirono alla fede cristiana. Dopo questa deludente esperienza con gli intellettuali greci, Paolo lasciò Atene e si rifugiò a Corinto, dove soggiornò a lungo e fu la tappa più importante del secondo e terzo viaggio missionario per l’evangelizzazione dell’Acaia (Grecia) e dell’Europa. Durante questo lungo soggiorno a Corinto, l’Apostolo aveva maturato l’idea di compiere il quarto viaggio di missione a Roma. Intanto, per fasi conoscere in anteprima, lo fece precedere dalla Lettera ai Romani, in cui anticipa la notizia del suo prossimo arrivo nella capitale dell’Impero, che poi diventerà il centro universale di propulsione del cristianesimo nel mondo.

Capitolo Primo

Mittente e indirizzo

La Lettera si apre con la consueta formula di esordio dell’Apostolo: “Paolo, Silvano e Timoteo, alla Chiesa dei Tessalonicesi, in Dio Padre e nel Signore nostro Gesù Cristo, grazie a voi e pace (1Ts, 1).

L’elezione e la vocazione dei Tessalonicesi

Paolo gioisce e rende grazie a Dio nel ricevere le buone notizie, riportategli dal suo compagno di viaggio Timoteo, che egli aveva inviato in precedenza come suo rappresentante nella comunità di Tessalonica. In particolare, ringrazia Dio nel sapere che i Tessalonicesi si sono distinti nel praticare le buone opere: lo sforzo nella carità, la fermezza nella speranza, la fede nel Signore nostro Gesù Cristo.

“Conosciamo, egli dice, fratelli amati da Dio, la vostra elezione nel Signore a ricevere il Vangelo prima di altri. Esso non vi è stato annunziato in modo superficiale con discorsi fatti di semplici parole, bensì con profonda convinzione dell’animo e con la potente effusione dello Spirito Santo. Voi sapete come ci siamo comportati con voi in modo sincero e trasparente; voi siete diventati bravi imitatori nostri e del Signore, accogliendo la fede con gioia, anche quando essa costava il prezzo di sacrifici e tribolazioni; tuttavia, siete diventati i cristiani modello di tutta la Macedonia e dell’Acaia. Per vostro merito la parola di Dio risuona, non solo in Macedonia (a Filippi e Berea) e nell’Acaia (a Corinto e in Atene), ma ovunque e in ogni luogo si è diffusa la fama della vostra fede in Dio, in modo tale che non avete più bisogno delle nostre parole e delle nostre preghiere, dei nostri insegnamenti. Gli stessi abitanti (vostri concittadini) raccontano ancora le vicende dell’accoglienza che noi abbiamo ricevuta da voi e di come voi vi siete convertiti, passando dal culto degli idoli pagani, al servizio di Dio vivo e vero; ciò al fine di aspettare dai cieli il figlio, Gesù, che risuscitò dai morti e che ci libera dall’ira che viene” (1Ts, 4-10).

Capitolo Secondo

Il comportamento dei missionari a Tessalonica (2,1-12)

I Tessalonicesi sanno bene che la loro evangelizzazione non è stata né casuale, né vana. Infatti, essi sanno come avvennero i fatti: i missionari, dopo essere stati insultati e cacciati via da Filippi, si trasferirono a Tessalonica e, pur davanti a ostacoli, persecuzioni e difficoltà di ogni genere, cominciarono a predicare il Vangelo agli abitanti. “La nostra esortazione alla fede era sincera, non dettata da malafede o dalla voglia d’ingannare gli altri, come spesso facevano altri (certi retori ambulanti), ma essa scaturiva dalla vocazione missionaria conferitaci da Dio ad annunziare il Vangelo; così parlammo francamente con la vostra gente, non per il desiderio di piacere agli uomini, ma per dovere di sincerità e di lealtà verso Dio, che scruta i segreti dei nostri cuori” (1Ts, 2, 3-4). L’Apostolo rimarca il fatto che, nella loro attività di predicazione, i missionari non hanno mai fatto ricorso, né a metodi adulatori, né a persuasioni strumentali, dettate da interesse personale, né sono andati alla ricerca dell’onore o della gloria, che provengono dagli uomini; e, pur avendo diritto a essere mantenuti a carico dei beneficiari della loro opera, essi sono sempre vissuti dal loro lavoro, indipendenti dagli altri e senza essere di peso a nessuno. Sono stati affabili e disponibili nei confronti degli abitanti del posto, come una madre è premurosa nei confronti dei propri figli. Al riguardo, egli scrive: “Noi eravamo disposti a comunicarvi, non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, tanto ci eravate diventati cari. Voi, fratelli, ricordate certamente le nostre fatiche e i nostri stenti: lavoravamo giorno e notte per non essere di peso a nessuno, tuttavia adempiendo alla nostra missione di comunicarvi il tesoro della fede. Siete voi testimoni diretti e Dio stesso del trasporto affettuoso e sincero con cui abbiamo comunicato il Vangelo a voi, che eravate disponibili ad accoglierlo. Abbiamo usato un comportamento sincero e premuroso nei vostri confronti, come fa un padre con i propri figli. Vi abbiamo esortati, incoraggiati e scongiurati a camminare nella strada giusta, che porta a Dio e vi chiama al suo regno e alla sua gloria” (1Ts, 2, 8-12).

L’accoglienza del messaggio cristiano (2, 13-16)

Paolo si congratula con i Tessalonicesi perché, avendo ricevuto la parola di Dio dalla voce umana dei missionari, hanno creduto e la nuova fede dà loro una grande forza spirituale. Infatti, con la fede, essi sono diventati imitatori delle chiese cristiane che sono in Giudea, in Palestina e nel mondo. Pertanto, le stesse sofferenze e le stesse persecuzioni, che hanno subito i fratelli della Giudea da parte dei loro compatrioti non credenti, le dovranno patire anche loro, i neoconvertiti della Macedonia. La persecuzione è, quindi, un destino fatale della Chiesa di Dio, a prescindere dai luoghi, dai tempi e dalle persone che la rappresentano.

“I Giudei, nemici della fede, continua l’Apostolo, prima hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, poi perseguitarono noi. Essi non piacciono a Dio, sono nemici degli uomini e impediscono a noi di predicare la fede alle genti, affinché esse si salvino; così riempiono sempre di più la misura dei loro peccati. Ma l’ira di Dio si è già abbattuta su di loro e durerà fino alla fine” (1Ts,2, 15-20).

L’Apostolo continua il suo discorso, dichiarando: “Noi, o fratelli, orfani di voi per breve tempo con la presenza, ma non con il cuore, ci siamo preoccupati, con estrema premura, di rivedere il vostro volto. Proprio per questo avevamo deciso di venire da voi, io Paolo, una prima e una seconda volta, ma Satana ce l’ha impedito.

Chi, infatti, è la nostra speranza, la nostra gioia e la nostra corona di gloria davanti al Signore nostro, Gesù Cristo, al momento della sua parusia, se non proprio voi? Voi, certo, siete la gioia e la gloria nostra” (2, 17-20). Egli, quindi, più volte ha cercato di far ritorno da loro, ma i suoi tentativi sono stati sempre frustrati dall’opposizione satanica dei suoi nemici. La comunità dei credenti di Tessalonica rappresenta la misura e il successo della sua opera missionaria tra i pagani. Essa sarà la gloria e la gioia dell’Apostolo nel giorno della parusia, ossia nel giorno del ritorno del Signore per giudicare i vivi e i morti.

Capitolo Terzo

La missione di Timoteo

Paolo, non potendo andare lui di persona, ha fatto una scelta: egli resterà solo ad attendere alla sua opera a Corinto e manda il suo collaboratore Timoteo a confermare nella fede i Tessalonicesi, convertiti di recente. La preoccupazione dell’Apostolo è che, i disordini e le agitazioni sociali, come quelle scatenate strumentalmente dai suoi oppositori e perturbatori dell’ordine pubblico, qualcuno, che magari ha una fede ancora debole, possa essere distolto o perderla del tutto. I destinatari della missiva sanno già che, per poter difendere e mantenere integra la loro fede, i cristiani sono destinati a subire lotte e tribolazioni di ogni genere. Nell’ansiosa attesa di avere notizie sull’evoluzione della situazione in quel momento assai poco tranquillo, egli ha mandato il suo collaboratore a raccogliere notizie sullo stato di salute della fede dei neoconvertiti. La sua paura è sempre quella che l’antico seduttore (il maligno) possa dissuadere i fedeli dalla fede, rendendo vani il suo lavoro e le sue fatiche.

Quando Paolo scrive la lettera, Timoteo è appena tornato dalla sua missione, riportando buone notizie, che hanno rinfrancato l’animo dell’Apostolo. Soddisfatto di questa notizia, egli attesta: “Proprio ora Timoteo è tornato da noi. Ha riportato buone notizie sullo stato di salute della vostra fede e della vostra carità; non solo, ma mi ha anche riferito che conservate un buon ricordo di noi e che desiderate rivederci, come noi desideriamo di rivedere voi. Il sapere queste cose, fratelli, ci rinfranca l’animo perché, dopo le avversità e le tribolazioni patite, abbiamo trovato conforto in voi, a motivo della costanza nella vostra fede” (1Ts,3, 6-7).

Le informazioni riportate da Timoteo riempiono l’animo di Paolo di soddisfazione e di gratitudine verso Dio che gli ha concesso questa gioia. Nello stesso tempo, la consapevolezza della stima che i suoi fedeli nutrono ancora per lui, per naturale “corrispondenza di amorosi sensi” umani, acuisce la nostalgia dell’Apostolo di rivedere i suoi cari parrocchiani di Tessalonica. Poi il saluto e l’auspicio: “Che lo stesso Dio e Padre nostro e il Signore nostro Gesù, ci spianino la via verso di voi. Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore scambievole verso tutti, come noi sentiamo verso di voi. Ciò affinché i vostri cuori siano irreprensibili nella santità davanti al nostro Dio e Padre, nella venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi” (1Ts, 3, 11-13).

Capitolo Quarto

Introduzione (4, 1-2)

Nell’introduzione alla nuova pericope, Paolo esorta, conforta e cerca di sostenere gli animi dei Tessalonicesi, affinché essi, come hanno appreso dai missionari la retta via che porta a Dio, continuino a camminare nella strada giusta e a progredire nella fede e nella grazia del Signore Gesù. Ormai essi conoscono la strada che devono percorrere. Essi hanno ricevuto l’orientamento, le norme e le indicazioni necessarie per seguire da soli il loro cammino futuro.

Santità e purezza della cristiana (4,3-8)

La volontà di Dio è la santificazione dei suoi fedeli. Perciò, ai suoi interlocutori l’Apostolo dice: “Astenetevi dall’impudicizia. Ciascuno sappia tenere il proprio corpo in santità e onore, non abbandonandosi agli impulsi delle passioni sregolate, come fanno i pagani che non conoscono Dio. Infatti, il cristiano e il pagano normalmente scelgono di percorrere strade diverse nella vita: il primo percorre la strada che conduce alla condizione spirituale dell’uomo rigenerato e ritemprato dalla grazia del Signore; il secondo si abbandona al godimento dei piaceri materiali del ventre e delle passioni. A questo riguardo, nessuno si permetta di fuorviare o defraudare il suo prossimo perché il Signore è vindice delle nostre azioni, nonché delle nostre intenzioni verso gli altri. Dio, infatti, non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santità. Chi non rispetta questi principi, disprezza, non l’uomo nella sua ontologia mortale, ma Dio stesso che dona a voi il suo Santo Spirito” (1Ts, 4, 3-8).

Carità fraterna e laboriosità (4,9-12)

“Quanto alla necessità di tenere vivo il sentimento di amore fraterno, egli dice, non c’è bisogno che io ve lo ricordi per iscritto, perché ne abbiamo parlato e discusso abbondantemente a voce nei nostri incontri e voi avete già imparato da Dio ad amarvi scambievolmente. Infatti, lo spirito di carità e di solidarietà reciproca che vi lega al vostro interno come comunità locale, fortunatamente, si è diffuso e si è esteso all’intero popolo della Macedonia” (1Ts, 4, 9-10). Poi l’Apostolo esorta i destinatari a progredire maggiormente nello sforzo di ripulire la propria condotta da tutte quelle di abitudini negative, dalle scorie e dalle incrostazioni dei vizi, come l’agitazione, l’intraprendenza negli affari pubblici, la negligenza nel proprio lavoro, che possono essere di ostacolo o d’intralcio alla pratica della carità. La carità non ama farsi servire, ma cerca di servire il prossimo essa stessa, di vivere attivamente del proprio lavoro per essere liberi e indipendenti dagli altri, senza costituire mai un peso per nessuno. “Comportatevi con onore, come vi abbiamo raccomandato nei confronti degli estranei e non abbiate bisogno della guida di nessuno” (1Ts, 4,12) consiglia Paolo ai suoi amici di Tessalonica.

La Sorte dei defunti (4, 13-18)

In questa sezione Paolo dà le sue spiegazioni circa la sorte che attende i defunti.

“Non vogliamo lasciarvi nell’ignoranza, o fratelli, riguardo a quelli che dormono, affinché voi non siate afflitti come quelli che non hanno speranza (i pagani). Infatti, se crediamo che Gesù è morto ed è risuscitato, così dobbiamo credere che Dio riunirà con lui quanti si sono addormentati in Gesù. Alla venuta del Signore, noi, viventi, superstiti, non precederemo quelli che si sono addormentati prima di noi. Poiché il Signore stesso, al comando divino, alla voce dell’arcangelo, al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo e i morti che sono in Cristo risorgeranno per primi. E noi viventi, superstiti, insieme con essi, saremo rapiti sulle nubi del cielo per incontrare il Signore nell’aria e saremo sempre con lui” (1Ts, 4, 13-17).

Pertanto, anche in queste circostanze dolorose, i fedeli di Tessalonica si consolino gli uni gli altri con la speranza che danno queste parole dell’Apostolo. La risposta di Paolo, d’altronde, scaturisce da un preciso articolo del Credo Simbolo Apostolico. Se Gesù è morto ed è risuscitato dai morti, anche i fedeli che muoiono con lui, con lui risorgeranno a nuova vita.

Capitolo Quinto

Il tempo della parusia

Circa il tempo e l’ora della parusia, ossia della futura venuta del Signore, nessuno sa quando e anche i Tessalonicesi sanno che nessuno conosce questo mistero. Però essi sanno che il giorno del Signore arriverà all’improvviso, come un ladro di notte. Il senso della frase lascia presumere che i destinatari conoscessero già questi temi, perché, probabilmente, erano stati già affrontati negli interventi della catechesi orale, quando l’Apostolo era presente in mezzo a loro. Il giorno della sua venuta, il Signore si mostrerà salvatore e giudice universale dell’umanità, dei vivi e dei morti. Per questo è necessario tenersi desti e sempre pronti ad affrontare la situazione. L’immagine del ladro suggerisce certamente un senso non positivo, ma calamitoso dell’evento. Tra i vangeli sinottici, Marco e Matteo sono quelli più espliciti nel descrivere, come apocalittico, il giudizio universale; tra gli artisti, Michelangelo è quello che, meglio di altri, ha saputo rappresentare plasticamente la scena nell’affresco della volta della Cappella Sistina, nella Chiesa di S. Pietro a Roma.

Di fatto accadrà che, “quando gli uomini diranno pace e sicurezza allora improvvisamente precipiterà su di loro la rovina, come i dolori del parto su una donna incinta, e gli uomini non sfuggiranno al loro destino.

Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre (come sono i non credenti) ignorando queste cose, in modo tale che quel giorno vi possa sorprendere come un ladro di notte. Infatti, voi siete figli della luce e, come tali, conoscete le cose e, quello che più conta, è il fatto che siete nello stato di santità e della grazia del Signore. Per questo non dormiamo, ma siamo sempre svegli, attenti e vigili ad affrontare il destino che ci attende. Quelli che dormono, o sono neghittosi perché figli della notte che porta vizi, crapule e orge; o sono come noi, uomini del giorno, figli della luce. Perciò, dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità, con in testa l’elmo della speranza della salvezza” (1Ts, 5, 3-8). Dio, infatti, non ha destinato i suoi figli a vittime della sua ira, ma all’acquisto della salute eterna con il prezzo pagato dal sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che è morto per noi. Pertanto, sia che viviamo, sia che ci addormentiamo, viviamo con lui. Riflettendo su questa realtà dell’umano destino, i Tessalonicesi si confortino gli uni con gli altri, come, d’altronde, hanno già imparato a fare da soli.

Doveri comunitari

Dopo le istruzioni sulla sorte dei defunti e sul tempo della parusia, viene l’esortazione ai doveri comunitari, come espressione della vita nell’armonia cristiana e soprannaturale. Prima di tutto l’Apostolo raccomanda il rispetto dei superiori che insegnano, ammoniscono e governano le comunità. Queste persone, come Paolo e gli altri apostoli, lavorano e faticano, non per un loro interesse o tornaconto personale, ma operano in nome e per conto del Signore. Dopo i doveri verso i superiori, vengono i doveri reciproci tra i membri delle stesse comunità.

Essi vivano in pace tra di loro. “Vi esortiamo, fratelli, correggete gli indisciplinati, incoraggiate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti. Guardatevi bene dal rendere il male con il male, piuttosto studiate sempre di fare il bene gli uni agli altri e a tutti. Siate sempre lieti perché le persecuzioni e i torti subiti non tolgono mai la gioia dell’anima, che vive in armonia con la volontà del Signore. Pregate sempre, possibilmente senza interruzione. Rendete grazie al Signore per ogni dono che egli vi ha concesso. Tenete conto della volontà di Dio comunicatavi da Gesù Cristo. Non spegnete le risorse dello Spirito. Non disprezzate le profezie perché la Chiesa è fondata, oltre che sulla parola di Dio, anche sulle testimonianze dei profeti e sull’opera degli apostoli. Esaminate ogni cosa, ritenete le cose buone. Tenetevi lontani da ogni sorta di male (1Ts, 5, 14-22).

Conclusione (5,23-28)

A conclusione della sua missiva, l’Apostolo augura ai Tessalonicesi “che il Dio della pace fortifichi tutto il loro essere: spirito, anima e corpo, che essi custodiranno con cura integri per la santità da offrire in dono al Signore il giorno della parusia. Fedele è colui che vi chiama. Egli porterà ogni cosa a compimento. Fratelli, pregate anche per noi. Salutate tutti i fratelli con il bacio santo. Vi scongiuro nel Signore che questa lettera sia letta a tutti i fratelli. La grazia del Signore nostro, Gesù Cristo, sia con voi” (1Ts,5, 23-28).

Dio che chiama l’uomo, il Creatore che attende le sue creature alla fine dei loro giorni, siccome è fedele alle sue promesse, non mancherà di farle partecipi della sua stessa divinità.

Sommario

I temi trattati nella Lettera sono molteplici, tra i quali, quelli in cui l’Apostolo ha maggiormente insistito, detti con estrema sintesi, appaiono i seguenti:

  1. La gioia. I cristiani vivono nella gioia perché hanno una speranza in più dei pagani e di tutti gli altri abitanti del pianeta: quella di essere stati redenti dal peccato di Adamo dal sacrificio di Cristo sulla croce. Perciò vivano nella gioia e nella pace della fratellanza universale;
  2. Le virtù cristiane: fede, speranza e carità, sono le corazze più importanti che sorreggono l’etica dei cristiani per vivere nella gioia che dona la pace dell’anima;
  3. Paolo e i suoi collaboratori, pur avendo diritto a campare a spese della società ospitante, hanno sempre preferito lavorare e campare a proprie spese, senza essere mai di peso a nessuno;
  4. La polemica contro i Giudei, bollati come nemici della fede, è una costante che ricorre non solo in questo documento, ma un può in tutti gli scritti dell’Apostolo;
  5. La santificazione, cioè l’esigenza di ripulire la coscienza dalle condotte negative (impudicizia, negligenza nel proprio dovere, vizi di ogni sorta) è un’altra sollecitazione costante dell’Apostolo;
  6. Lo spirito di servizio: il cristiano non deve aspettare di essere servito, ma dev’essere lui stesso sempre disponibile a servire gli altri;
  7. La sorte dei defunti. Se Gesù è morto ed è risorto dai morti, anche il credente deve sperare che, dopo la morte, risorga con lui a nuova vita;
  8. La parusia. E’ il ritorno del Signore nel giorno del giudizio universale per giudicare i vivi e i morti.  E’ un evento apocalittico, narrato soprattutto nel vangelo di Matteo e rappresentato plasticamente da Michelangelo nella volta della Cappella Sistina, evento che avverrà non subito. Prima devono accadere molte altre cose. Intanto bisogna essere attenti e vigilare sulle nostre condotte perché il Signore, per ognuno di noi, può venire all’improvviso in qualsiasi momento e può sorprenderci come un ladro di notte;
  9. Sobrietà. Il cristiano, armato delle corazze della fede e della carità, deve sempre avere una condotta sobria, scevra da vizi e da qualsiasi eccesso comportamentale;
  10. Il rispetto di tutti. Il credente non deve mai mancare di rispetto a nessuno, ma dev’essere sempre solidale con gli altri, all’interno della comunità e all’esterno, con le autorità di governo e con gli altri membri della società civile.

I Tessalonicesi sanno già tutte queste cose, perché Paolo le aveva trattate a voce quand’era presente in  mezzo a loro; ma ora le ribadisce anche per iscritto nella lettera, a perenne memoria della fede nella vita dei cristiani.