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Scritto Da Felice Moro il giorno 08 Gen 2009

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L’articolo è incentrato sulla storia, struttura e funzioni della Comunicazione. La comunicazione è una relazione che si stabilisce tra due o più … (Clicca sul titolo per continuare a leggere l’articolo)

 

La lettera di San Giacomo

Posted By Felice Moro on Ottobre 22nd, 2022

Dopo l’epistolario di S. Paolo e la Lettera agli Ebrei, nel Nuovo Testamento sono presentati sette documenti che generalmente prendono il nome di “Lettere Cattoliche”, cioè Lettere destinate alla Chiesa universale sparsa nel mondo. Il primo che incontriamo di questi documenti è proprio la Lettera di Giacomo, che ci accingiamo a presentare.

Capitolo Primo: Le prove della fede e la vera religiosità

Testo: “Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sii trovano nella dispersione, salute! Considerate grande gioia, miei fratelli, quado subite ogni sorta di prova, sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla.

Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti con semplicità e non fa rimproveri, e gli sarà data. La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all’onda del mare mossa e agitata dal vento. Un uomo del genere non pensi di ricevere qualcosa dal Signore, essendo come sdoppiato interiormente e instabile in tutte le sue azioni” (1, 1-8).

Commento: L’autore, Giacomo, si qualifica come servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, che rivolge il suo appello alla fede ai cristiani di origine giudaica delle dodici tribù d’Israele, dispersi nella diaspora degli Ebrei nel mondo. Egli invita i credenti ad essere pazienti nell’ora della prova, delle dure prove che il credente deve continuamente affrontare. Le prove producono la pazienza e la pazienza completa l’opera del Signore che rendendoci “perfetti e integri, senza mancare di nulla”. Se poi qualcuno si accorge che gli manca la sapienza necessaria (per superare le prove), la domandi al Signore (che non fa rimproveri) e gli sarà data. La domanda però dev’essere fatta con fede e in modo forte e sicuro, senza tentennamenti altalenanti che fanno pensare all’instabilità oscillante dell’onda marina.

Testo: “Il fratello di umili condizioni si rallegri di essere innalzato, il ricco, invece, di essere abbassato, poiché come u fiore d’erba passerà. Infatti, sorge il sole con il suo ardore e fa seccare l’erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco appassirà nelle sue imprese.

Beato l’uomo che sopporta la tentazione perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.

Nessuno, quando è tentato, dica: “Sono tentato da Dio” perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza, che lo attrae e lo seduce.

La Concupiscenza, poi, concepisce e genera il peccato, e il peccato, una volta compiuto, produce la morte.

Non lasciatevi ingannare, fratelli carissimi! Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal padre della luce, nel quale non c’è variazione, né ombra di cambiamento. Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come la primizia delle sue creature.

Lo sapete, fratelli miei carissimi: ciascuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira. Perché l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò, deponendo ogni impurità e ogni eccesso di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime. Siate esecutori della parola, non soltanto ascoltatori, ingannando voi stessi. Perciò se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto nello specchio: appena si è osservato, se ne va e subito dimentica com’era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà e le resta fedele, non come un ascoltatore distratto, ma come un esecutore concreto, questi troverà la sua felicità nell’eseguirla.

Se qualcuno pensa di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. Religione pura e senza macchia davanti a Di Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri dal mondo” (1, 9-27).

Commento: Qui l’apostolo Giacomo dà una serie di consigli utili al credente per essere graditi al Signore.  Per esempio, egli dice:  chi proviene da umili condizioni si rallegri perché nel regno sarà innalzato, mentre il ricco sarà abbassato; come un fiore d’erba che sarà essiccato dal sole, così il ricco appassirà nelle sue imprese; beato l’uomo che sopporta pazientemente la tentazione perché, una volta superata la difficoltà, riceverà dal Signore la corona della vita che Egli ha promesso a quelli che lo amano; quando ciascuno  riceve l’assalto della tentazione, nessuno si giustifichi dicendo: ”Sono stato tentato da  Dio” perché “Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male”; è la concupiscenza della carne che genera in noi il peccato e questo produce la morte; pertanto l’autore avverte i fratelli: non lasciatevi ingannare dalle fallaci seduzioni della carne, che generano il peccato e la morte spirituale; perciò siate forti a resistere alle sue ammalianti insidie che preludono ai suoi attacchi malefici. Ogni dono che abbiamo è un regalo che viene dall’alto, dal Padre della luce. Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità perché fossimo come una primizia delle sue creature. Per prepararsi degnamente a ricevere il merito di questa primizia, Giacomo esorta: “Fratelli carissimi, ciascuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira perché questa impedisce di compiere ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò, deponendo ogni impurità e ogni eccesso di malizia, accogliete la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime. Siate esecutori della parola, non semplici ascoltatori, ingannando voi stessi perché, se uno è un semplice ascoltatore e non esecutore della parola, somiglia a colui che si guarda nello specchio: appena ha finito di guardarsi e si volge altrove, dimentica i connotati del suo volto. Chi, invece, fissa il suo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come ascoltatore astratto, ma come esecutore concreto, troverà la sua felicità nella sua applicazione pratica”.

A conclusione del capitolo, un’osservazione complementare a tutto il discorso nel suo complesso: chi crede di essere religioso e non frena la lingua ingannando se stesso, la sua religione è vana. La religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro sofferenze e conservarsi puri e incontaminati dai mali del mondo!

Capitolo Secondo: Fede e opere

Testo: “Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Infatti, se entra in una vostra assemblea qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito splendidamente, ed entra anche un povero con un vestito logoro e voi vi rivolgete a chi è vestito splendidamente e gli dite: “Tu siediti qui comodamente” e al povero dite: “Tu mettiti in piedi lì”, oppure: “siediti ai piedi del mio sgabello”, non avete fatto voi stessi preferenze e non siete divenuti giudici dai pensieri perversi?

Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo perché fossero ricchi nella fede ed eredi del regno che egli ha promesso a quelli che lo amano? Voi, invece, avete disprezzato il povero! Non sono forse i ricchi che vi tiranneggiano e vi trascinano nei tribunali? Non sono essi che bestemmiano il bel nome che è stato invocato su di voi? Certo, se voi adempite la legge regale secondo la Scrittura: Amerai il tuo prossimo come te stesso, fate bene. Ma se fate favoritismi personali, commettete un peccato e siete accusati dalla legge come trasgressori. Poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto. Infatti, colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche Non uccidere.

Ora se tu non commetti adulterio, ma uccidi, ti rendi trasgressore della legge. Parlate e agite come persone che saranno giudicate secondo una legge di libertà. Il giudizio, infatti, sarà senza misericordia contro chi non ha usato misericordia; la misericordia invece avrà sempre la meglio nel giudizio” (2, 1-13).

Commento: Giacomo avverte forte il problema delle disparità sociali all’interno delle varie comunità. Per lui è inaccettabile la parzialità dei comportamenti sociali che venivano praticati anche all’interno delle prime comunità cristiane, tra i ricchi e i poveri, con evidenti privilegi a favore dei primi e molte discriminazioni nei confronti dei secondi. Se uno veste un abito di lusso e porta un anello d’oro al dito (egli dice) non per questo può accampare diritti a godere di privilegi rispetto ai poveri, laceri e indigenti. I capi e gli organizzatori delle cerimonie cultuali hanno il dovere e la responsabilità di non commettere questi errori. Per evitare l’insidia di cadere in errore, basta ricordare e applicare sempre la legge dell’amore del prossimo, che Gesù ha insegnato in vita e che Matteo ribadisce nel suo Vangelo.

La situazione appare paradossale perché, mentre Dio ha scelto i poveri “perché fossero ricchi nella fede ed eredi del regno, mentre voi (destinatari della missiva) avete disprezzato il povero” e privilegiato i ricchi che vi tiranneggiano e bestemmiano il bel nome invocato su di voi”. Per invertire i parametri dei vostri comportamenti dovete smettere di fare favoritismi personali e applicare la legge che stabilisce la Scrittura: Amerai il prossimo tuo come te stesso; e tale Legge impone che essa sia applicata tutta per intero, non soltanto in alcune parti; pertanto, se non commetti adulterio perché è peccato, non devi neanche uccidere perché è peccato allo stesso modo. Infatti, se non commetti adulterio, ma uccidi, diventi trasgressore di tutta la leggeper intero.

Testo: “A che cosa servirebbe, fratelli miei, se uno dicesse di avere fede, ma non avesse le opere? Forse che quella fede potrebbe salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti di cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andate in pace, riscaldatevi e saziatevi” ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non ha delle opere, è in se stessa morta. Al contrario, uno potrebbe dire: “Tu hai la fede e io ho delle opere”. Mostrami la tua fede senza le opere, e dalle mie opere io ti mostrerò la mia fede. Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene: anche i demoni credono e tremano! Ma vuoi capire, o insensato, che la fede senza le opere è infruttuosa? Abramo, nostro padre non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco suo figlio, sull’altare? Vedi che la fede agiva insieme alle sue opere, e che per le opere fu resa perfetta. Si compì così la Scrittura che dice: E Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia, e fu chiamato amico di Dio. vedete che l’uomo viene giustificato per le opere e non soltanto per la fede. Così anche Raab, la meretrice, non venne giustificata per le opere, avendo ospitato e poi fatto ripartire per un’altra strada gli esploratori? Infatti, come il corpo senza spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (2, 14-26)

Commento: “La fede, senza le opere, è morta”. Questo è il concetto principale del discorso in questo passaggio della lettera di Giacomo Egli fa un esempio pratico molto concreto: Se si presentasse un individuo lacero o senza vestiti e affamato e noi gli dicessimo: Vai in pace, riscaldati e saziati e non lo soccorressimo dei mezzi di cui ha bisogno immediato e concreto, dove sarebbe la nostra carità? A che cosa servirebbe la nostra fede? Si tratta di un concetto essenziale della fede cristiana, più volte affrontato anche da Paolo nel suo epistolario. Entrambi partono dal fondamento biblico del libro della Genesi (15, 5-6) dove Dio disse ad Abramo: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle …Tale sarà la tua discendenza; Egli credette al Signore che glielo accreditò come giustizia”.  

Sì, Abramo ebbe fede nella parola di Dio, ma accanto alla fede, egli poté esibire anche le opere perché, al comando di Dio, era pronto a sacrificare il figlio Isacco sull’altare dell’olocausto già pronto. Quindi l’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede.

Capitolo Terzo: La vera speranza

Testo: “Fratelli miei, non siate in molti a farvi maestri, sapendo che riceveremo un giudizio più severo: tutti, infatti, manchiamo in molte cose. Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno tutto il corpo. Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da forti venti, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra. Così anche la lingua. È un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Ecco, un fuoco tanto piccolo, quale grande foresta può incendiare! E la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità. La lingua è posta tra le nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna. Infatti, ogni sorta di uccelli direttili e di esseri marini sono domati dalla razza umana, ma la lingua nessun uomo la può domare: essa è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. E’ dalla stessa bocca che escono benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei! Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un albero di fichi produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce.

Chi è saggio e accorto tra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere ispirate a saggia mitezza. Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità! Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrena, carnale, diabolica; poiché dove sono gelosia e spirito di contesa, là sono anche disordine e ogni sorta di cattive azioni. La sapienza che viene dall’alto, invece, è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia. Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per quelli che fanno opera di pace” (3, 1-18).    

Commento: Nei capitoli 3 e 4 Giacomo rivela la sua competenza sapienziale, ispirata da alcuni testi del Vecchio Testamento, come Sapienza, Siracide, Proverbi, Qohelèt, dove vengono indicati percorsi di vita auspicabili, che esaltano le virtù e combattano i vizi della natura umana. La lingua è un piccolo organo del corpo umano, che può fare grandi cose, ma anche cose orribili. Quando è impiegata per dare buoni consigli al prossimo, consolare gli afflitti o recitare le preghiere al Signore, fa un servizio onorevole che reca amore, carità e conforto umano, questa è la buona lingua; quando essa è usata per disprezzare, calunniare o maledire gli uomini, questa è la cattiva lingua.  Chi è saggio sa discernere l’uso benevolo della lingua, dal suo uso malevolo.

Chi è saggio sa usare la buona lingua perché “ispirato dalla sapienza che viene dall’alto”; chi usa la mala lingua è spinto “dalla sapienza terrena, carnale, diabolica”.

Capitolo Quarto: Alcune norme di comportamento

Testo: “Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni, che si combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere, uccidete, siete invidiosi e non riuscite ad ottenere; combattete e fate guerra. Non avete, perché non chiedete; chiedete e non ottenete, perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri. Gente infedele! Non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia nei confronti di Dio?

Chi, dunque, vuole essere amico del mondo, si rende nemico di Dio. O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi? Ci dà anzi una grazia più grande: per questo dice: Dio resiste ai superbi/agli umili invece dà la sua grazia.

Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi. Purificate le vostre mani, o peccatori, e santificate i vostri cuori, o irresoluti. Gemete sulla vostra miseria, fate lutto e piangete; il vostro riso si muti in lutto e la vostra allegria in tristezza. Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi esalterà.

Non dite male gli uni degli altri, fratelli. Chi dice male del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge. E se tu giudichi la legge, non sei più uno che osserva la legge, ma uno che la giudica.

Ora, uno solo è il legislatore e giudice, colui che può salvare o mandare in rovina; ma chi sei tu che tifai giudice del tuo prossimo?

E ora a voi, che dite: “Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni”, mentre non sapete quale sarà la vostra vita domani! Siete, infatti, come vapore che appare per un istante e poi scompare. Dovreste dire invece: “Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello”.

Ora, invece, vi vantate nella vostra arroganza: ogni vanto di questo genere è iniquo. Chi, dunque, sa fare il bene e non lo compie, commette peccato” (4, 1-17).

Commento: In questo capitolo continua la narrazione della competenza sapienziale di Giacomo. “Siete sempre alle prese con un’attività dissennata, egli dice, alimentata dalle vostre bramosie di possesso e per dare sfogo alle vostre passioni irrazionali, per cui annegate nei vizi: uccidete, siete invidiosi, combattete e fate guerre, annegate nella ricerca affannosa di piaceri; cercate, in ogni modo, i piaceri di questo mondo, che a voi piacciono e seducono perché soddisfano e vostre appetizioni sensuali, non piacciono a Dio; allora accade che, chi è amico del mondo, è nemico di Dio e viceversa. Perciò bisogna scegliere da che parte stare: o con Dio o con il mondo.

Ma la Scrittura dice che lo Spirito che Dio ha infuso in noi, ci ama di un amore geloso, per cui non tollera che l’amore di Dio sia in competizione con gli “appetiti della carne”, direbbe San Paolo.

Il suo consiglio: “Sottomettetevi a Dio; resistete al diavolo e egli fuggirà da voi. Avvicinatevi a Dio ed egli avvicinerà a voi. Purificate le vostre mani, peccatori, santificate i vostri cuori … Non dite male gli uni degli altri, non giudicate a vostro arbitrio; uno solo è il legislatore e giudice per tutti.

Sete avete in mente tanti progetti sulle cose da fare, siate prudenti: premettete sempre la condizione prudenziale: Se il Signore vorrà …”.

Capitolo Quinto: Avvertimento ai ricchi e attesa del Signore nella pazienza e nella preghiera

“E ora a voi, ricchi: piangete e lamentatevi per le sciagure che si abbatteranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marcite, le vostre vesti sono state divorate dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono stati divorati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori, che hanno mietuto le vostre terre, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore degli eserciti. Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri. Vi siete ingrassati per il giorno del massacro. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza.

Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. guardate l’agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d’autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco il giudice è alle porte. Prendete, fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlarono nel nome del Signore. ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riservò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione.

Soprattutto, fratelli miei, non giurate, né per il cielo, né per la terra, né per qualsiasi altra cosa; ma il vostro sì sia sì, e il vostro no, sia no, per non incorrere nella condanna.

Chi tra di voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia canti inni di lode. Chi è malato, chiami a sé il presbitero della chiesa ed essi preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. e la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto. Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla via dell’errore, salverà la sua vita dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (5, 1-20).  

Commento:Il capitolo ha un incipit poco buono perché prevede conseguenze funesto nei confronti dei ricchi, colpevoli di aver accumulato le loro ricchezze, sottraendole, in modo maldestro, ai giusti diritti dei lavoratori. Quando egli dice: “Voi, ricchi, piangete e lamentatevi per le sciagure che si abbatteranno su di voi”, fa una previsione di condanna terribile, senza appello, per questa categoria sociale, che si è arricchita con l’erosione di quote di salario dovute ai lavoratori. Questi hanno faticato duramente dissodando i loro campi e mietendo le loro messi. Ma “Voi avete gozzovigliato sulla terra, vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno del massacro”.

Sono accuse terribili che fanno tremare i polsi e scuotono l’anima del credente, che confida nell’indulgenza e nella misericordia che ha il Signore nei confronti dei peccatori. Comunque, è una pagina che ha un’incisività concettuale e plastica particolare, capace di suscitare nel lettore una viva emozione di ravvedimento, ma anche di terrore.

Meno male che il concetto del capoverso seguente suggerisce all’autore più miti consigli nei confronti del peccatore. Meno male che un’ancora di salvezza c’è ancora: basta attendere con pazienza la venuta del Signore. Il modello d’identificazione di quest’infinita pazienza è indicato nella figura di Giobbe, capace di sopportare tutte le prove dell’esistenza, comprese quelle più dure, fino a quando il Signore, riconoscendo i suoi meriti, lo salverà.

In seguito, c’è l’invito ai cristiani di evitare il giuramento. “Fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra, né per qualsiasi altra cosa; ma il vostro sì sia sì; il vostro no, sia no, per non incorrere nella condanna”. Risuona qui l’eco dello stesso giudizio e delle stesse parole del Vangelo di Matteo (5, 34-37), quando dichiara: Non giurate affatto: né per il cielo, né per la terra, né per Gerusalemme, né per la tua testa … Ma il vostro atteggiamento sia sempre netto, dicendo: sì, sì oppure no, no”.

Poi l’Apostolo dà una serie di consigli comportamentali: “Chi è nel dolore, preghi! Chi è nella gioia, canti inni di lode! Chi è malato, chiami il presbitero che lo ungerà con l’olio della misericordia, accompagnandolo con la preghiera e il Signore lo rialzerà! Confessate i peccati gli uni agli altri e pregate insieme per essere guariti”. Cita il profeta Elia, un uomo come noi, che prima pregò il cielo che non piovesse e non piovve per tre anni; poi pregò per la pioggia, la pioggia venne e fecondò la terra che diede i suoi frutti; infine, il consiglio più importante per l’amore del prossimo: se uno vede che un fratello sbaglia perché magari ha smarrito la strada, lo corregga e cerchi di riportarlo nella strada giusta. Infatti, “chi riconduce un peccatore dalla via dell’errore, salverà la sua vita dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati”. Lo stesso consiglio di correzione fraterna è solito darlo anche San Paolo nelle sue Lettere. C’è poi da notare che questo consiglio conclude il documento, senza mandare saluti a nessuno, come ci si sarebbe aspettati a conclusione di una lettera come questa.

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